Salute, Santiago di Cuba,
luogo dell’anima,
prima che città,
dove il tamburo
risuona nel tronco
della guama,
nel nervo della liana
fino alle tenere radici
del fiore d’acqua,
e arriva nel ventre
della terra dove questa
affonda nel mare.
Qui sontuoso
incede nelle strade
il carro del cocco
gravido d’acqua,
portandosi appresso
bambine e bambini
dalle gambe lunghe
che guardano il futuro.
Salute a te, Santiago,
ti porto il saluto
della bella Venezia,
delle sue spiagge
di sabbia che dolci
scendono al mare,
delle sue terre affioranti
dove fanno il nido
i timidi aironi
e delle sue acque
in cui ci specchiamo
diseredati dal progresso.
Anche da noi
gioventù spera futuro,
prossimo e comune.
Oggi sulla terra
tutti siamo poveri,
e l’acqua e il cibo
dobbiamo spartire
e le piazze riempire
di canti e poesia.
E danze scambiarci
per stupirci l’un l’altro,
perché ognuno di noi
è re a se stesso
e dell’altro il giullare.
Alti castellie sontuosi palazzi
hanno eretto i regnanti
su una e sull’altra sponda
dello stesso grande mare,
monumenti che oggi
sono vanto al turismo.
Altrettanto profonde,
le loro prigioni
siano di monito
a quelli che verranno.
Accendete le luci
nelle segrete, liberate
gli spiriti di coloro
che furono rinchiusi.
Nulla è peccato
di quello che il corpo
e l’anima, facce
di una stessa foglia,
costruiscono anelando
al gioco glorioso
nel mistero della vita.
Dai vascelli che il vento
portò un tempo
nacquero amori,
e nacquero guerre.
Popolazioni intere,
deportate o migranti,
i poveri della terra,
si congiunsero
in destini di dolore.
I semi si sparsero,
nacquero nuovi frutti
che ancora generano.
Inno alle nubi
che respiriamo,
alle nubi che portano
il nostro respiro.
Per tutti splende il sole,
per tutti ogni notte
la luna si mostra
e si nasconde.
Lasciati cantare, Santiago,
da prima di conoscerti
sapevo di amarti,
e, per l’amarti,
amo la città dove vivo.
Tutti siamo ricchi
del bagaglio di vita
che sta nella nostra pelle,
della terra dei nostri passi
pur senza possederla.
La distanza è motivo d’amore,
la differenza il suo fondamento.
Dall’Adriatico al Mediterraneo,
la stessa acqua bagna
Baracoa e Cabo Cruz.
Piccole e grandi isole
un tempo abitate
dai popoli del mare.
Siamo a sentire il canto
del Magnifico Caribe,
a cantare popoli lontani
da cui tutti discendiamo,
nati nella terra profonda
o portati da un legno.
Ma prima degli antenati,
c’era fuoco e luce
nel “Qui” che abbraccia
tutte le sponde
del grande mare,
tutte le coste
delle terre emerse.
Polvere di stelle
che percepiamo
chiudendo gli occhi.
Salute, Santiago di Cuba,
donne e uomini di Venezia
ti portano il saluto
della loro città.
Possano queste terre
su cui sorgono
le nostre case,
questo mare
su cui si affacciano,
accoglierci nel viaggio,
nel procedere del cammino.
Possa questa Terra
aver posto per tutti quelli
che vivono e generano
sul suo grande corpo.
Lasciati cantare, Santiago,
il mio cuore è tutt’uno
con quello di Nancy,
di Jesus, di Isabel,
di Nadia, di tutti coloro
che sono presenti
e di chi nominiamo.
Joel è qui tra noi,
Joel James Figarola
per aver benedetto
il nostro lavoro.
Siamo uccelli che volano
di isola in isola,
e costruiscono nidi
d’amore nelle selve
e nei boschi d’altura
fino al più piccolo scoglio,
cullando il proprio volo
sul respiro del mondo.
Salute, Santiago,
città d’acqua.
Da Venezia,
città d’acqua, salute. |